Una quattro stagioni, grazie.

Non ci sono più le mezze stagioni.

Io toglierei “le mezze”. Non ci sono più stagioni. Punto. Io definisco tutto in base alle stagioni, per me la vita dovrebbe seguire il corso naturale del tempo atmosferico. Per questo gli orari lavorativi dovrebbero essere diversi a seconda delle regioni geografiche. Ne consegue che idealmente sarebbe lo stile di vita a doversi adattare all’alternanza dei cambiamenti climatici, non viceversa. Il giorno che mi ascolteranno avremo vacanze come quelle dei signori andalusi qui sulla sinistra.

Ho sempre sostenuto che tutte le stagioni – perlomeno nella loro forma stereotipica – hanno un loro fascino. L’inverno è una stagione adatta al raccoglimento, il momento ideale per essere concreti, per fare. La primavera è la stagione di quelle serate indescrivibili in cui l’ormone sprigiona dagli alberi in fiore, quella in cui gli amici allergici muoiono ma si ostinano comunque a uscire perché anche loro sono in overdose di voglia di vivere. L’estate è il periodo bipolare: dei bagordi, degli eccessi e della necessità di riposo, della vita di notte e delle tapparelle abbassate di giorno.

Apple and Caramelized Orange Pound Cake

Unseasonal: Apple and Caramelized Orange Spicy Pound Cake

Poi l’ultima, la mia preferita. Sono una persona autunnale. Amo il tepore crepuscolare, quello che inizia dagli ultimi strascichi d’estate, passa per il colore delle foglie e finisce con il fragore delle caldarroste. Ecco, a me piace quel calore delle giornate di estate indiana, le domeniche d’ottobre regalate, in cui ti stringi agli amici, agli scampoli di vita da gustare attraverso tinte più calde e tenui. Ritengo che l’autunno sia la metafora perfetta di ciò che è importante nella vita. Un’occasione per vivere con la saggezza dei vecchi anche quando sei giovane – e, cosa non di poco conto – senza i relativi acciacchi. Sai che sta iniziando tutto di nuovo, rifai bilanci, rifai propositi e via!

Quest’anno, inutile dirsi, il tempo atmosferico ha sconfinato dalle solite chiacchiere da ascensore, ha avuto una preponderanza assoluta nella testa della gente. Incombeva un grigiore, diffuso ovunque, che ha permeato questo debutto primaverile, a mo’ di ficcante colonna sonora dell’incertezza che stiamo vivendo. Come se la primavera dovesse simboleggiare il ritorno alla vita e alla speranza su più livelli, il sole era diventato una specie di divinità inafferrabile, un Godot che se non altro poteva contribuire a migliorare l’umore.

Anch’io non ne potevo più, eppure una parte di me era segretamente sollevata. Quando arriva la primavera non sono mai pronta, quasi che ogni anno mi cogliesse di sorpresa. Son sempre stata al contrario, d’inverno abbastanza sana e in primavera devastata pur non soffrendo di una sola allergia. Alla stregua di un’adolescente indispettita inizio a mangiare come non ci fosse un domani, ribellandomi alla prova costume. Stranamente, d’inverno dimagrisco. Un po’ come se mi adattassi all’esplosione della vita, godo come un maiale nell’attaccarmici fino all’ultimo piacere che ha da offrirmi.

Il proposito per quest’anno è quello di approfittare dei mesi caldi in maniera diversa. Primavera, o forse dovrei dire estate a questo punto, è sinonimo di risveglio, di spontaneità, di meno riflessione e più azione. Altro che aprile dolce dormire, quest’anno voglio agire.

Come diceva Totti: life is now. Cercherò di ripetermelo più spesso. Anche con l’accento burino.